Fronte Verso, conoscere il diritto è un diritto. Febbraio 2018
conoscere il diritto è un diritto
Perché Fronte/Verso? Il linguaggio specialistico è un codice a volte complicato da decifrare per i non addetti ai lavori. Sembra inevitabile che il linguaggio debba essere complesso perché complesso è il contenuto che esprime e tuttavia desideriamo dimostrare, a partire dalle sentenze, che è possibile farsi comprendere utilizzando un linguaggio accessibile senza rinunciare al rigore e alla completezza dei concetti ivi espressi.
Riportiamo in VERSO, sulla destra, il testo della sentenza nel rituale linguaggio giuridico dell’estensore per chi abbia interesse a leggerla nella sua forma originaria e a sinistra, a FRONTE, riscriviamo la sentenza con un linguaggio comprensibile a tutti, sperando di riuscire nella sfida di contribuire all’accessibilità del diritto, alla semplificazione del linguaggio e alla comunicazione responsabile.
Fronte Verso (www.fronteverso.it) nasce da un'idea di Ileana Alesso e di Gianni Clocchiatti, oggi al progetto partecipa un network interdisciplinare di professionisti e di esperti.
Newsletter di www.studiolegalealesso.it
a cura di Avv. Ileana Alesso e di Avv. Maurizia Borea
A questo numero hanno collaborato:
Avv. Antonio Pascucci, Avv. Marina Pagnussat, Avv. Giovanni Motta, Avv. Elisabetta Silva, Avv. Anna Losurdo, Dott.ssa Charina Urbano, Avv. Giuseppe Poli, Rag. Monica Bellini, Dott.ssa Kilda Peretta
Art direction: Eticrea
Web design: Irene Cassola
Redazione: Ottavia Magoni
2) Maternità surrogata e interesse del minore. La norma del codice civile che prevede che il riconoscimento del figlio possa essere impugnato per difetto di veridicità non viola la Costituzione, in quanto il giudice è comunque tenuto a bilanciare l’interesse alla verità con il concreto interesse del bimbo nato da surrogazione di maternità, che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane.
3) ll lavoratore che durante il congedo parentale non si occupa dei bisogni affettivi del figlio può essere licenziato.
4) Al tentato furto in un supermercato di prodotti per un valore di soli 225 euro, da parte di un immigrato, va applicata la attenuante della speciale tenuità del fatto, considerando la rilevante capacità economica del supermercato
5) Condominio. L’assemblea non può limitare il diritto del condomino al godimento degli spazi comuni.
1) Do you speak english? Le università non possono istituire “interi corsi di studi” esclusivamente in una lingua diversa da quella italiana.
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 29 gennaio 2018, n. 617 La legge n. 240 del 2010 in materia di università prevede la possibilità di attivare anche corsi di studio in lingua straniera allo scopo di inserire le università italiane nella rete degli scambi culturali internazionali e di incentivare la mobilità internazionale degli studenti. Il Politecnico di Milano ha così organizzato fin dal 2014 alcuni corsi di laurea magistrale e di dottorato esclusivamente in lingua inglese affiancata da un piano per la formazione dei docenti. Alcuni docenti hanno presentato ricorso al TAR Lombardia contro la abolizione della lingua italiana in quei corsi ed hanno ottenuto l’annullamento della delibera del Senato accademico che ne aveva disposto l’attivazione.
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1) Do you speak english? Le università non possono istituire “interi corsi di studi” esclusivamente in una lingua diversa da quella italiana.
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, 29 gennaio 2018, n. 617 1.– Il Senato accademico del Politecnico di Milano, con delibera del 21 maggio 2012, ha attivato, a partire dall’anno 2014, corsi di laurea magistrale e di dottorato di ricerca esclusivamente in lingua inglese, sia pur affiancata da un piano per la formazione dei docenti e per il sostegno agli studenti, in attuazione dell'art. 2, comma 2, lettera l), della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario). Per la sentenza integrale clicca qui... |
2) Maternità surrogata e interesse del minore. La norma del codice civile che prevede che il riconoscimento del figlio possa essere impugnato per difetto di veridicità non viola la Costituzione, in quanto il giudice è comunque tenuto a bilanciare l’interesse alla verità con il concreto interesse del bimbo nato da surrogazione di maternità, che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane.
Corte costituzionale, sentenza 18 dicembre 2017, n. 272 Una coppia si reca in India per avere un figlio attraverso la maternità surrogata, vietata in Italia. Successivamente, tornata in Italia, la coppia procede alla trascrizione del certificato di nascita del bambino, riconosciuto come figlio naturale di entrambi.
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2) Maternità surrogata e interesse del minore. La norma del codice civile che prevede che il riconoscimento del figlio possa essere impugnato per difetto di veridicità non viola la Costituzione, in quanto il giudice è comunque tenuto a bilanciare l’interesse alla verità con il concreto interesse del bimbo nato da surrogazione di maternità, che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane.
Corte costituzionale, sentenza 18 dicembre 2017, n. 272 1.- Nel corso di un procedimento di impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità, la Corte d'appello di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 del codice civile, in riferimento agli artt. 2, 3, 30, 31 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (d'ora in avanti: CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848. La disposizione è censurata nella parte in cui non prevede che l'impugnazione del riconoscimento del figlio minore per difetto di veridicità possa essere accolta solo quando sia rispondente all'interesse dello stesso.
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3) ll lavoratore che durante il congedo parentale non si occupa dei bisogni affettivi del figlio può essere licenziato.
Cass. civ. Sez. lavoro, Sentenza 11-01-2018, n. 509 Un lavoratore della società S. Spa richiede di usufruire di un congedo parentale di dieci giorni per poter accudire il figlio. La società, avendo sospetti sulla correttezza del dipendente, si rivolge ad un’agenzia investigativa dalla quale apprende che il lavoratore, per oltre metà del tempo concessogli per il congedo parentale, non aveva svolto alcuna attività a favore del figlio bensì lavorato presso la pizzeria della moglie.
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3) ll lavoratore che durante il congedo parentale non si occupa dei bisogni affettivi del figlio può essere licenziato.
Cass. civ. Sez. lavoro, Sentenza 11-01-2018, n. 509 1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione ed errata applicazione dell'art. 111 Cost., comma 6, e art. 132 c.p.c., n. 4, con conseguente nullità della sentenza, per avere la Corte territoriale respinto il primo motivo di reclamo del F., con cui si era contestata la valenza probatoria tanto dell'accertamento investigativo prodotto da Sevel Spa quanto della prova testimoniale ad esso relativa, inserendo "solo formalmente... una motivazione, le cui argomentazioni appaiono però del tutto inesistenti ovvero, a tutto concedere, incomprensibili, contraddittorie ed erronee, sì da non permettere di individuarla, ossia di riconoscerla come giustificazione del decisum". Per la sentenza integrale clicca qui... |
4) Al tentato furto in un supermercato di prodotti per un valore di soli 225 euro, da parte di un immigrato, va applicata la attenuante della speciale tenuità del fatto, considerando la rilevante capacità economica del supermercato
Tribunale di Firenze Sez. Prima Penale Un uomo, immigrato e disoccupato, viene arrestato per aver tentato di rubare dei cosmetici da un supermercato. Dopo esser stato bloccato oltre le casse, che aveva superato senza pagare, consegna spontaneamente la merce rubata, il cui valore ammonta ad € 225,75. Alla Polizia chiamata dal vigilante l’uomo dichiara che voleva rubare dei prodotti per poi rivenderli e mandare i soldi a casa alla madre.
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4) Al tentato furto in un supermercato di prodotti per un valore di soli 225 euro, da parte di un immigrato, va applicata la attenuante della speciale tenuità del fatto, considerando la rilevante capacità economica del supermercato
Tribunale di Firenze Sez. Prima Penale In data 28.06.2016 (...) veniva condotto dinanzi al Tribunale di Firenze per la convalida dell'arresto, operato il pomeriggio del giorno antecedente dagli agenti di PG, in flagranza del reato di cui all'art. 628 co. II c.p. (successivamente riqualificato dal PM all'udienza dell'11.07.2017 in furto semplice tentato ex artt. 56 e 624 c.p.) e per essere giudicato con rito direttissimo. In tale sede l'Appuntato (...) - in servizio presso il nucleo radiomobile Carabinieri di Firenze- svolgeva la propria relazione e l'arrestato rendeva interrogatorio; dopodiché il giudice, ritiratosi in camera di consiglio, disponeva la convalida dell'arresto e l'applicazione della misura cautelare del divieto di dimora nel Comune di Firenze. Nella fase conclusiva della medesima udienza, veniva concesso un termine a difesa al difensore dell'imputato e quest'ultimo rilasciava altresì procura speciale al proprio legale per l'eventuale richiesta di rito alternativo. Alla successiva udienza del 20.10.2016 la difesa dichiarava la propria intenzione di procedere nelle forme del rito ordinario e contestualmente prestava consenso all'utilizzabilità delle dichiarazioni rese alla precedente udienza dall'App. (...), nonché della denuncia-querela sporta da (...). Pertanto il giudice, dichiarato aperto il dibattimento e data per letta l'imputazione, invitava le parti ad avanzare le proprie istanze istruttorie. Dopo aver ammesso tutte le prove richieste, il Giudice rinviava all'udienza del 20.02.2017. In tale data però il Giudicante, preso atto dell'astensione da parte del P.M., rinviava all'udienza dell'11.07.2017 per i medesimi incombenti. In tale data si procedeva dapprima all'escussione del teste (...) e successivamente alla discussione; infine il giudice si ritirava in camera di consiglio per poi dare lettura del dispositivo della sentenza.
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5) Condominio. L’assemblea non può limitare il diritto del condomino al godimento degli spazi comuni.
Cassazione civile sez. sesta 14/09/2017 n. 21339 Nel 2010 una condomina, proprietaria di un'unità immobiliare destinata ad esercizio commerciale dotata di due accessi, uno dei quali dal pianerottolo, si rivolge al Tribunale di Torino chiedendo l’annullamento della delibera che ha deciso di realizzare un ascensore poiché a suo avviso pregiudica il suo uso esclusivo del pianerottolo.
Pubblicato da Elena Merazzi |
5) Condominio. L’assemblea non può limitare il diritto del condomino al godimento degli spazi comuni.
Cassazione civile sez. sesta 14/09/2017 n. 21339 Il Condominio di via (OMISSIS) ha proposto ricorso, articolato in tre motivi (il primo per violazione e falsa applicazione dell'art. 1120 c.c., comma 2, il secondo ed il terzo per violazione dell'art. 1137 c.c., comma 2) avverso la sentenza della Corte d'Appello di Torino n. 1513/2015 del 5 agosto 2015. Resiste con controricorso la Casapiemonte Hermada s.r.l. La sentenza impugnata ha accolto l'appello della condomina Casapiemonte Hermada s.r.l. avverso la sentenza n. 373/2013 del Tribunale di Torino, ed ha così dichiarato nulla la Delib. assembleare 29 giugno 2010 Condominio di via (OMISSIS), che aveva affidato ad un professionista la progettazione di un impianto di ascensore pregiudizievole per il suo uso esclusivo del pianerottolo su cui lo stesso doveva collocarsi. La Corte d'Appello ha negato che sussistesse una titolarità individuale del pianerottolo in favore della Casapiemonte Hermada s.r.l., ma ha comunque ritenuto che l'innovazione costituita dalla realizzazione dell'ascensore avrebbe violato il limite di cui all'art. 1120 c.c., comma 2, nella formulazione antecedente alle modifiche apportate dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220. La Casapiemonte Hermada s.r.l. è, invero, proprietaria di un'unità immobiliare destinata ad esercizio commerciale, dotata di due accessi, dei quali l'uno si percorre provenendo dal pianerottolo. Basandosi sull'espletata CTU, la Corte di Torino ha concluso che l'installazione dell'ascensore avrebbe gravemente limitato la possibilità per la Casapiemonte Hermada s.r.l. di accedere alle parti comuni dell'immobile, dovendosi a tal fine utilizzare lo stesso ascensore, sempre che avesse le porte aperte e non fosse guasto. Per la sentenza integrale clicca qui... |