Fronte Verso, conoscere il diritto è un diritto. Giugno 2018
Perché Fronte/Verso? Il linguaggio specialistico è un codice a volte complicato da decifrare per i non addetti ai lavori. Sembra inevitabile che il linguaggio debba essere complesso perché complesso è il contenuto che esprime e tuttavia desideriamo dimostrare, a partire dalle sentenze, che è possibile farsi comprendere utilizzando un linguaggio accessibile senza rinunciare al rigore e alla completezza dei concetti ivi espressi.
Riportiamo in VERSO, sulla destra, il testo della sentenza nel rituale linguaggio giuridico dell’estensore per chi abbia interesse a leggerla nella sua forma originaria e a sinistra, a FRONTE, riscriviamo la sentenza con un linguaggio comprensibile a tutti, sperando di riuscire nella sfida di contribuire all’accessibilità del diritto, alla semplificazione del linguaggio e alla comunicazione responsabile.
Fronte Verso (www.fronteverso.it) nasce da un'idea di Ileana Alesso e di Gianni Clocchiatti, oggi al progetto partecipa un network interdisciplinare di professionisti e di esperti.
Newsletter di www.studiolegalealesso.it
a cura di Avv. Ileana Alesso e di Avv. Maurizia Borea
A questo numero hanno collaborato:
Avv. Antonio Pascucci, Avv. Giovanni Motta, Avv. Elisabetta Silva, Avv. Romina Guglielmetti, Avv. Anna Losurdo, Avv. Enzo Varricchio, Avv. Giuseppe Poli, Dott.ssa Maria Serena Grancagnolo, Dott.ssa Kilda Peretta
Art direction: Eticrea
Web design: Irene Cassola
Redazione: Ottavia Magoni
2) Non c’è rapporto di lavoro subordinato se c’è un progetto specifico al quale il lavoratore è dedicato
3) Il condomino che installa telecamere a protezione della sua abitazione e riprende anche spazi comuni, o di esclusiva pertinenza di altri condomini, compie un atto illecito e risarcisce i danni per violazione della privacy
4) “Mafia al ristorante”: per l’Unione Europea non può essere un marchio registrato
5) Animali da compagnia: anche il cavallo è il miglior amico dell’uomo e quindi può stare nel centro abitato
1) Bullismo a scuola: la responsabilità è sia della scuola sia dei genitori
Tribunale di Roma, Sezione XIII, sentenza 4 aprile 2018, n. 6919 Una scuola del viterbese e i genitori di un minore vengono citati in giudizio presso il Tribunale civile di Roma perché il minore, noto per atti di “bullismo”, aveva mortificato per mesi un compagno di classe quattordicenne dicendogli che faceva schifo, sputandogli addosso e apostrofandolo come “figlio di puttana”. Inoltre il bullo lo aveva minacciato di uccidergli il fratellino più piccolo e lo aveva umiliato davanti a tutta la scuola prendendolo a pugni fino a rompergli il naso. Il tutto nell’indifferenza, se non nell’atteggiamento omertoso, degli insegnanti e del Preside obbligati per legge a sorvegliare i minori loro affidati.
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1) Bullismo a scuola: la responsabilità è sia della scuola sia dei genitori
Tribunale di Roma, Sezione XIII, sentenza 4 aprile 2018, n. 6919 Il presente giudizio è stato instaurato dall'attore mentre frequentava il primo anno dell'I. di X onde ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza di ripetuti atti di bullismo commessi nei suoi confronti da CA, di cui erano stati informati il Preside ed il Collegio Docenti per il tramite del rappresentante di classe senza che mai fosse stato assunto alcun provvedimento, culminati nella mattina del 23 aprile 2008, dopo averlo apostrofato con insulti quali "figlio di puttana, ti uccido il fratello più piccolo, devi morire testa di cazzo", seguiti da sputi e pugni al volto, cagionandogli la rottura del setto nasale e contusioni della regione orbitale come certificato dall'Ospedale "B" di Viterbo, ove il minore era stato ricoverato immediatamente dopo l'accaduto. Tale aggressione aveva avuto inizio durante le lezioni, era proseguita al momento dell'uscita presso il cortile della scuola e si era conclusa fuori il cancello della stessa, sotto gli occhi di studenti (tra gli altri, FC, EB e SB) e professori (Prof. EB). Le indagini svolte dall'Autorità inquirente avevano confermato la dinamica descritta in denuncia querela ed avevano rivelato alcuni dati importanti in ordine alla condotta da "bullo" del C ed all'atteggiamento incomprensibilmente omertoso dell'Istituto scolastico. In particolare, sentite a S.I.T. sull'episodio del 23.4.2008, le testi BS ed EB, compagne di classe del G, avevano concordemente riferito: che sin dai primi mesi di scuola il C aveva iniziato a tenere nei confronti del G un atteggiamente marcatamente discriminatorio ed offensivo e che spesso gli si rivolgeva con frasi del tipo "tu puzzi, mi fai schifo" oppure minacciando di picchiarlo: che mai il G aveva dato causa, con il proprio, al comportamento del C; che il 23.4.2008, durante la lezione di matematica del Prof. B , il C aveva rivolto all'odierno attore parole del tipo: "tu puzzi, mi fai schifo, figlio di puttana" e sputandogli addosso lo aveva minacciato dicendogli: ti chiappo fuori scuola"; che detto comportamento era proseguito durante tutta la mattinata ed all 'uscita della scuola, quando gli studenti si trovavano nel cortile, il C aveva dapprima spintonato violentemente il G, poi lo aveva colpito con numerosi pugni, facendolo rovinare in terra; vista la scena, accorrevano in soccorso del G alcuni compagni ed il Prof. B, docente di matematica; il personale docente e la Preside dell'Istituto erano stati avvertiti dagli stessi studenti dei comportamenti persecutori tenuti dal C ai danni del G ., ma ciò nonostante non era mai stato adottato alcun provvedimento; il teste FSC iscritto ad una sezione diversa del medesimo istituto e conoscente di entrambe le parti, pur non essendo presente all'epìsodio del 23.4.2008, aveva confermato la notorietà del fatto che il C fosse solito offendere e prendere in giro il G; con raccomandate a.r. datate 5.5.2008 e l°.7.2008 inviate per conoscenza anche al Provveditorato agli Studi di Viterbo, la Difesa del G aveva preso contatti con l'I. di X ai fini risarcitori, stigmatizzando il comportamento dell'intero corpo docente per non aver dato peso alle ripetute segnalazioni degli studenti in ordine al comportamento del C e non aver fatto nulla affinchè l'episodio del 23.4.2008 fosse evitato. Per la sentenza integrale clicca qui... |
2) Non c’è rapporto di lavoro subordinato se c’è un progetto specifico al quale il lavoratore è dedicato
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ordinanza 26 aprile 2018, n. 10135 A.S., azienda abruzzese esercente il commercio porta a porta di prodotti alimentari, contesta una cartella esattoriale dell’INPS per il pagamento dei contributi di 13 lavoratori assunti dal 2003 al 2006 con contratti di lavoro a progetto e di una lavoratrice assunta con contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
A.S. dopo l’esito negativo del procedimento di primo grado ottiene l’annullamento della cartella dalla Corte di Appello di L’Aquila per i seguenti motivi: - il rapporto di lavoro svolto dai collaboratori non presenta i caratteri del rapporto di lavoro subordinato; - nei contratti sottoscritti dai singoli collaboratori è indicato un progetto specifico, consistente nell’esecuzione, attraverso l’uso del telefono e di interviste, di un’attività di ricerca e marketing finalizzata alla formazione di una banca dati della clientela interessata all’acquisto dei prodotti commercializzati. La Cassazione conferma la decisione della Corte di Appello affermando i seguenti principi: - il ricorso dell’INPS è infondato poiché la Corte d’Appello, dopo aver escluso la natura subordinata sulla base della valutazione delle concrete dinamiche di svolgimento del rapporto, ha comunque esaminato la questione della effettiva esistenza di uno specifico progetto; -la Corte ha pertanto interpretato correttamente i principi che disciplinano il contratto a progetto, secondo. Infatti solo nei casi in cui non si rinvenga un valido progetto si può presumere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato; - il progetto può ben desumersi dal testo complessivo del contratto sottoscritto dalle parti, non avendo il legislatore previsto una forma obbligata di dichiarazione dell’oggetto della prestazione; - il progetto è oltretutto “specifico” poiché contiene la puntuale descrizione dell’attività produttiva funzionalmente collegata a un determinato risultato finale, alla realizzazione del quale il lavoratore partecipa con la sua prestazione.
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2) Non c’è rapporto di lavoro subordinato se c’è un progetto specifico al quale il lavoratore è dedicato
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ordinanza 26 aprile 2018, n. 10135 18) Che Abruzzo Service di F.L. & C. s.a.s., esercente l'attività di vendita porta a porta di prodotti alimentari, proponeva opposizione alla cartella esattoriale emessa a seguito di verbale ispettivo relativa alla richiesta dell'INPS di pagamento di contributi per tredici lavoratrici assunte dalla stessa società nel periodo novembre 2003 - dicembre 2006 con contratti a progetto e di una lavoratrice assunta con contratto di collaborazione coordinata e continuativa; 19) che, rigettata l'opposizione in primo grado, la Corte d'appello di L'Aquila accoglieva l'impugnazione della società non riscontrando nel rapporto delle predette i caratteri del lavoro subordinato e valutando "progetto" l'attività relativa all'acquisizione, attraverso l'uso del telefono e le modalità dell'intervista, un'attività di ricerca e marketing in modo da avere una banca dati attendibile di clientela effettivamente interessata all'acquisto dei prodotti commercializzati, alla frequenza ed alle preferenze della clientela stessa; 20) che propone ricorso per cassazione l'Inps con unico motivo, illustrato da memoria, relativo alla violazione e o falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, art. 69, commi 1, 2 e 3, artt. 2728, 2729 e 2947 c.c., in ragione del fatto che poichè nel caso di specie difettava il documento contenente lo specifico progetto, nè poteva ritenersi tale l'indicazione contenuta nel contratto di collaborazione, si era determinata la conversione automatica del lavoro a progetto in lavoro subordinato; 21) che la società ha resistito con controricorso pure illustrato da memoria. 22) Motivi della decisione 23) 24) che il ricorso è infondato in quanto la Corte d'appello di L'Aquila, seppure dopo aver escluso che le risultanze relative alle concrete modalità di svolgimento dell'attività di collaborazione provassero la natura subordinata delle prestazioni, ha comunque esaminato la questione della effettiva sussistenza dello specifico progetto, interpretando dunque correttamente le norme di legge che disciplinano il contratto a progetto, nel rispetto dei principi espressi da questa Corte di legittimità...
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3) Il condomino che installa telecamere a protezione della sua abitazione e riprende anche spazi comuni, o di esclusiva pertinenza di altri condomini, compie un atto illecito e risarcisce i danni per violazione della privacy
Tribunale di Catania, sentenza 31 gennaio 2018, n. 466
Un uomo cita in giudizio il proprio vicino di casa e chiede al Tribunale civile di condannarlo a risarcirgli i danni sofferti per essere stato da lui ingiustamente denunciato per il maltrattamento del suo cane. A causa di quella denuncia, infatti, non solo l’uomo ha dovuto affrontare un processo penale durato ben tre anni, che lo ha abbattuto psicologicamente e fisicamente, ma è anche emerso che il vicino aveva fatto installare delle telecamere (con l’intento di provare i presunti maltrattamenti), che riprendevano anche l’ingresso e le finestre di bagno e cucina della propria casa, violando la sua riservatezza.
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3) Il condomino che installa telecamere a protezione della sua abitazione e riprende anche spazi comuni, o di esclusiva pertinenza di altri condomini, compie un atto illecito e risarcisce i danni per violazione della privacy
Tribunale di Catania, sentenza 31 gennaio 2018, n. 466 (...) esponeva nella sua citazione introduttiva del giudizio del 10.6.2014 con cui conveniva in giudizio (...) - dopo aver premesso di abitare con moglie e figli in villetta a schiera in via (...), e che il (...) fosse suo vicino di casa - che la coniuge anzidetta (a nome (...)), stanca di subire le molestie del cane di detto convenuto che, in assenza di alcun controllo, sporcava in ogni dove con i propri escrementi e latrava ad ogni ora del giorno e della notte, aveva infine denunciato il (...) per richiederne la condanna alle pene di legge; e che questi, a tal punto, aveva controdenunciato esso attore accusandolo immotivatamente di aver maltrattato l'animale e di aver pure tentato di ucciderlo con una polpetta avvelenata. Allegava di essere stato per questo tratto a giudizio penale quale imputato del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 56 e 544 ter c.p., e che solo allorché si giungeva in dibattimento il (...) aveva dichiarato di voler rimettere la querela già presentata in odio ad esso medesimo attore. Per la sentenza integrale clicca qui... |
4) “Mafia al ristorante” : per l’Unione Europea non può essere un marchio registrato
Tribunale Unione Europea, Sezione IX, sentenza 15 marzo 2018, causa T-1/17 Nel 2006 una società spagnola chiede all’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) di registrare il marchio “La Mafia se sienta a la mesa” ovvero “La Mafia si siede a tavola”, per numerose classi di prodotti e servizi tra cui l’attività di ristorazione.
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4) “Mafia al ristorante” : per l’Unione Europea non può essere un marchio registrato
Tribunale Unione Europea, Sezione IX, sentenza 15 marzo 2018, causa T-1/17 1 Il 30 novembre 2006 La Honorable Hermandad, SL, alla quale è succeduta La Mafia Franchises, SL, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato, a sua volta sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)]. 2 Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il seguente marchio figurativo: (omissis) 3 I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 25, 35 e 43 ai sensi dell’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono per ciascuna di dette classi alla seguente descrizione: – Classe 25: «Calzature (tranne quelle ortopediche), indumenti, t-shirt, berretti»; – classe 35: «Servizi di consulenza per la direzione e l’organizzazione commerciale; assistenza nella direzione degli affari; consultazioni per la direzione degli affari; consultazioni per la direzione degli affari; assistenza nella gestione di imprese commerciali che operano in franchising; servizi di pubblicità; emissione di contratti in franchising inerenti la ristorazione (alimentazione) e i bar-ristoranti»; – classe 43: «Servizi di ristorazione (alimentazione), bar, caffetterie, bar-ristoranti». 4 La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 24/2007 dell’11 giugno 2007. Il marchio contestato è stato registrato il 20 dicembre 2007 con il numero 5510921. 5 Il 23 luglio 2015 la Repubblica italiana ha depositato presso l’EUIPO una domanda volta a far dichiarare la nullità del marchio controverso per tutti i prodotti e i servizi per i quali era stato registrato. 6 Il motivo di nullità dedotto a sostegno di tale domanda era quello indicato all’articolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 2017/1001]. La Repubblica italiana ha ritenuto, in sostanza, che il marchio contestato fosse contrario all’ordine pubblico e al buon costume, dal momento che l’elemento verbale «mafia» rinviava ad un’organizzazione criminale e che l’uso che ne era fatto nel suddetto marchio al fine di designare la catena di ristoranti della ricorrente, oltre a suscitare sentimenti profondamente negativi, aveva come effetto di «manipolare» l’immagine positiva della gastronomia italiana e banalizzare il senso negativo di tale elemento. 7 Con decisione del 3 marzo 2016, la divisione di annullamento ha accolto la domanda di dichiarazione di nullità. Per l'ordinanza integrale clicca qui... |
5) Animali da compagnia: anche il cavallo è il miglior amico dell’uomo e quindi può stare nel centro abitato
Tar Puglia, Lecce, Sezione II, 6 marzo 2018, n. 388
Nel 2016 a seguito di un sopralluogo dell’Agenzia Sanitaria Locale di Brindisi, il sindaco di un piccolo comune pugliese ordina ad un anziano signore di allontanare il proprio pony dalla stalla di sua proprietà che si trova in un centro abitato laddove il regolamento di igiene e sanità pubblica vieta di tenervi animali non da compagnia.
Inoltre nel soppesare i diritti dei vicini il TAR rileva che:
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5) Animali da compagnia: anche il cavallo è il miglior amico dell’uomo e quindi può stare nel centro abitato
Tar Puglia, Lecce, Sezione II, 6 marzo 2018, n. 388 -sul ricorso numero di registro generale 1029 del 2016, proposto da: Per la sentenza integrale clicca qui...
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Pubblicato da Elena Merazzi